Lunedì 29 ottobre 2012 ho ricevuto la menzione d'onore come attrice emergente alla 27^ edizione del Premio teatrale Eleonora Duse, riconoscimento ideato nel 1986 e riservato all’attrice di teatro maggiormente distintasi nel corso della stagione di prosa 2011/2012.
La giuria composta da Magda Poli (Presidente), Anna Bandettini, Maria Grazia Gregori, Renato Palazzi e Carlo Maria Pensa ha proposto una terna di giovani interpreti tra cui scegliere.
Il premio ufficiale è stato assegnato a Galatea Ranzi. Il suo nome si aggiunge così alle attrici premiate nelle precedenti edizioni tra cui Mariangela Melato, Franca Valeri, Ilaria Occhini, Maddalena Crippa, Alida Valli, Anna Proclemer, Milena Vukotic, Rossella Falk, Elisabetta Pozzi, Laura Marinoni, Anna Bonaiuto, Maria Paiato e Federica Fracassi.
La premiazione si è svolta al Piccolo Teatro Grassi di Via Rovello a Milano, lunedì 29 ottobre alle ore 19.00.
Motivazioni della giuria:
Quest'anno,
premiando Marta Cuscunà come attrice emergente, la giuria ha
scelto di giocare sul tempo, individuando in anticipo quella che è
destinata a diventare una delle sicure protagoniste della stagione.
Ha infatti debuttato in una data molto recente - lo scorso 31 agosto,
al festival B.motion di Bassano del Grappa - il suo nuovo spettacolo
La
semplicità ingannata:
ma non occorre avere un particolare talento profetico per prevedere
che il lavoro avrà vita lunga e incontrerà i più ampi favori del
pubblico.
In
realtà, etichettare Marta Cuscunà come attrice emergente è per
certi aspetti limitante: in primo luogo perché non è solo
un'attrice, ma anche l'autrice dei propri testi, già considerata
autorevole innovatrice del particolare ambito teatrale in cui si
muove, quello del teatro-narrazione, di cui ha ampliato i confini
inserendovi il vivace uso di burattini e pupazzi. E poi perché non è
propriamente un'emergente, visto che il suo precedente spettacolo, E'
bello vivere liberi,
l'ha già vista incessantemente sulla breccia per un paio d'anni,
richiesta e applaudita in tanti teatri italiani e stranieri.
Nata
a Monfalcone, si è accostata non a caso al teatro grazie a un
laboratorio promosso dal Comune, che l'ha immediatamente proiettata
nelle dinamiche dei rapporti tra spettacolo e società. La scoperta
del teatro di figura è avvenuta invece a Barcellona, grazie
soprattutto all'intervento di Joan Blexis, il direttore del Teatro de
la Claca, conosciuto grazie ai corsi di “Prima del Teatro”,
Scuola Europea per l'Arte dell'Attore. Marta ha lavorato con la
storica compagnia catalana nel 2006, partecipando a uno spettacolo
ispirato ai pupazzi di Mirò, e poi ancora tre anni dopo, a
testimonianza di una sintonia non occasionale.
Sul
fronte italiano, ha probabilmente influito l'incontro con Giuliana
Musso, attrice-drammaturga impegnata in un teatro a forte vocazione
“civile”: nel 2007 è stata fra le protagoniste di Indemoniate,
un testo della Musso su un fenomeno di isteria collettiva che a fine
Ottocento colpì le donne di un paese friulano.
Nel
2009 ha realizzato lo spettacolo che le ha dato attenzione nazionale,
E'
bello vivere liberi!,
ispirato alla biografia della staffetta partigiana Ondina Peteani,
attiva nella zona di Monfalcone e sopravvissuta ad Auschwitz: un
lavoro dal fresco taglio popolare, grazie anche all'utilizzo dei
tradizionali burattini a guanto, e dalla forte ispirazione
storico-politica, in controtendenza rispetto a gusti e orientamenti
generazionali. Vincitore del premio Scenario per Ustica, questo
appassionato monologo ha segnato l'inizio di un percorso nei vari
tipi di resistenza femminile.
La
sua nuova proposta, La
semplicità ingannata,
prende infatti le mosse dall'antica usanza famigliare di costringere
le figlie meno facili da accasare a intraprendere la via del
convento, per risparmiare sulla dote, e dalla vicenda di un gruppo di
clarisse udinesi del Cinquecento, che reagirono trasformando il
monastero in un vivace centro di cultura e di libero pensiero,
arrivando a sfidare apertamente le autorità ecclesiastiche.
In questa satira
pungente, applauditissima dal pubblico delle prime repliche, la
giovane Marta dimostra, oltre a una lucida capacità di costruzione
del racconto, un ulteriore affinamento delle sue qualità
interpretative: aiutandosi con sei “pupazze” e con la testa
minacciosa di un vescovo sfoggia qui un trascinante estro mimetico
nel dare voce e identità a tutti i personaggi, i padri avari, le
monache ribelli, i loro oppositori, creando da sola un variegato
affresco su un episodio interessante e poco conosciuto.