Pubblicato nella sezione Spettacoli del Corriere della Sera il 31 dicembre 2012:
ottimo auspicio per il nuovo anno!
EMERGENTI DA LUCIA CALAMARO (PREMIO UBU) A MARTA CUSCUNÀ VINCITRICE DEL DUSE: ALLA RIBALTA UNA SCHIERA DI AUTRICI «IMPEGNATE»
Le donne del teatro
Registe e attrici, nuovi talenti sul palco «Basta classici, raccontiamo l'Italia vera»
A farla conoscere al grande pubblico è stata Ondina Peteani, la staffetta partigiana al centro del suo primo spettacolo, È bello vivere liberi (vincitore del premio Scenario per Ustica nel 2009). Con La semplicità ingannata. Satira per attrice e pupazze sul lusso d'esser donne, liberamente ispirato alle vicende delle Clarisse di Udine, Marta Cuscunà, classe 1982, autrice e regista, menzione speciale come attrice emergente al Premio Duse 2012, ha aggiunto un nuovo capitolo al suo percorso di indagine sulle resistenze femminili raccontando la monacazione forzata nel Cinquecento, antica usanza famigliare di costringere le figlie più difficili da accasare a intraprendere la via del convento, per risparmiare sulla dote. «Oggi c'è un bisogno estremo di parlare di resistenze femminili ? spiega ? perché nella nostra società la figura femminile è al centro di molte contraddizioni: da un lato servono le quote rosa per garantire la presenza minima delle donne in politica; dall'altro proprio le donne sono al centro della vita mediatica in quanto merce di scambio tra politici e imprenditori corrotti...». Marta appartiene alla schiera delle «artigiane» che il teatro lo scrivono, dirigono e interpretano intrecciando drammaturgia e memoria, impegno e politica, ragione e sentimento. Niente Shakespeare o Pirandello. Di loro si parla poco, almeno fino a quando non arriva un premio. Come è successo a Lucia Calamaro, autrice attrice e regista di L'origine del mondo, spettacolo che ha trionfato agli Ubu, gli Oscar del teatro, aggiudicandosi il premio come Migliore novità italiana e l'accoppiata Miglior attrice protagonista (Anna Deflorian) e non protagonista (Federica Santoro). Una mise en scène sul dolore che spesso abita gli ambienti domestici coi loro complicati rapporti. Materia per la quale ha preso spunto dalla sua autobiografia («mia madre è morta di Alzheimer a 56 anni, mio padre era un diplomatico che si è risposato dimenticandosi dei figli») che, dice, «ha finito inevitabilmente con l'incidere sui temi della mia scrittura».Punta invece all'esplorazione del rapporto tra memoria e drammaturgia contemporanea il lavoro di ricerca della vincitrice del premio Hystrio 2012, Veronica Cruciani. Dalle Nozze di Antigone, scritto per lei da Ascanio Celestini nel 2003, ai drammi del presente (Il ritorno, testo vincitore del Premio della Critica 2008 e finalista al Premio Ubu 2009, e La palestra), il suo teatro, spiega, «nasce dalla testimonianza diretta dei protagonisti delle storie che racconto: emigranti, anziani, lavoratori precari, operai delle fabbriche, adolescenti». L'intreccio tra storie individuali e storie «ufficiali», tra vissuti personali e poteri forti costituisce il fronte dell'indagine drammaturgica di Francesca Talozzi. Livornese, 49 anni, è autrice e regista di 1991. Il fatto non sussiste, dedicato alla collisione tra il traghetto Moby Prince e una petroliera dell'Agip: 140 vittime su 141 persone a bordo. Con Effetto collaterale aveva invece raccontato la vicenda del «talidomide», un farmaco somministrato negli anni 50 e 60 alle donne in gravidanza per controllarne gli stati d'ansia e l'insonnia, i cui effetti teratogeni causarono in tutto il mondo migliaia di casi di bambini affetti da focomelia.Nata come «favolante», Elisabetta Salvatori ha scelto poi l'impegno civile. Lo scorso 14 e 15 dicembre ha debuttato con Non c'è mai silenzio, orazione in memoria delle 32 vittime della strage di Viareggio. «Anche il palco di un teatro può servire a chiedere giustizia» sostiene. Prima, aveva raccontato la vita di Amos Paolo, resistente versiliese trucidato a 27 anni nel 1944 dalle SS (Il partigiano Amos), e i 560 morti, per la maggior parte donne, vecchi e bambini, massacrati dai soldati tedeschi nell'eccidio di Sant'Anna di Stazzema il 12 agosto 1944 (Scalpicii sotto i platani). Di staffette e donne partigiane parla Voci di vento, la voce delle donne nella Resistenza in cui Marina Coli intreccia «il racconto con le testimonianze di quelle donne che hanno partecipato alla lotta clandestina». Nata a Bolzano nel 1962, Marina vive e lavora a Reggio Emilia dal 1997. In Ricevetti dei fiori oggi affronta il tema della violenza sulle donne, di cui l'Emilia, la sua regione, detiene il maggior numero di casi; per tentare invece di abbattere il muro dell'omertà mafiosa ha messo in scena Cosa vostra ? Le donne che sconfiggono la mafia, «un omaggio alle donne che hanno trovato il coraggio di ribellarsi alla criminalità organizzata, di non chiudersi nel dolore del lutto, capovolgendo la propria vita, fino, in alcuni casi, a perderla». Parla al femminile anche il teatro di Agnese Cornelio, che per La fame si è ispirata agli scritti e alla vita della filosofa Simone Weil, oltre ad aver curato la mise en espace di Anna Politkovskaja di Stefano Massini, mentre Paula Diogo ha firmato Rosa Lux, dove racconta la vita di Rosa Luxemburg, assassinata nel 1919 dopo aver partecipato alla Rivoluzione tedesca del 1918.
Zangarini Laura
Pagina 37
(31 dicembre 2012) - Corriere della Sera
(31 dicembre 2012) - Corriere della Sera
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